Ricorso ex art. 127 Costituzione per la Presidenza del  Consiglio
dei ministri  (c.f.  80188230587),  in  persona  del  Presidente  pro
tempore, rappresentata e  difesa  ex  lege  dall'Avvocatura  generale
dello         Stato         (c.f.          80224030587;          pec:
ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it fax 06/96514000) ed  elettivamente
domiciliata presso i suoi uffici in Roma - via dei Portoghesi  n.  12
ricorrente; 
    Contro Regione Puglia in persona del suo Presidente  pro  tempore
resistente per la  dichiarazione  dell'illegittimita'  costituzionale
degli articoli 7 e 8 della legge  regionale  28  marzo  2019,  n.  5,
recante: «Modifiche alla legge regionale  30  novembre  2000,  n.  17
(Conferimento di funzioni e  compiti  amministrativi  in  materia  di
tutela   ambientale)   e   istituzione   del   Sistema    informativo
dell'edilizia sismica della  Puglia,  nonche'  modifiche  alle  leggi
regionali 30 luglio 2009, n. 14 (Misure  straordinarie  e  urgenti  a
sostegno  dell'attivita'  edilizia  e  per  il  miglioramento   della
qualita' del patrimonio edilizio residenziale) e 17 dicembre 2018, n.
59 (Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 30 luglio 2009, n.
14)» (pubblicata nel B.U.R. n. 36 del 1° aprile 2019). 
    Con la legge n. 5  del  28  marzo  2019,  la  Regione  Puglia  ha
introdotto alcune modifiche alla legge regionale 30 novembre 2000, n.
17 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi in  materia  di
tutela  ambientale)  ed  ha  istituito,  all'art.  2,   il   «Sistema
informativo dell'edilizia sismica della  Puglia,  denominato  SEISP»,
nonche', agli articoli 7 e 8 ha inteso,  rispettivamente,  modificare
l'art. 4  della  legge  regionale  30  luglio  2009,  n.  14  (Misure
straordinarie e urgenti a sostegno dell'attivita' edilizia e  per  il
miglioramento della qualita' del patrimonio edilizio residenziale)  e
abrogare l'art. 2 della legge 17 dicembre 2018, n. 59  (Modifiche  ed
integrazioni alla legge regionale 30 luglio 2009, n. 14). 
    Le previsioni contenute agli articoli 7 e 8 della legge regionale
n.   5   del   2019   presentano,   tuttavia,   alcuni   profili   di
incostituzionalita',  in  quanto  si  pongono  in  contrasto  con  il
principio di ragionevolezza  di  cui  agli  articoli  3  e  97  della
Costituzione e con l'art.  117,  comma  3  della  Costituzione  nella
materia «governo del territorio». 
    Con il presente atto, si impugnano gli articoli 7 e 8 della legge
regionale n. 5 del 2019, affinche' ne sia dichiarata l'illegittimita'
costituzionale,  con  consequenziale  annullamento  alla   luce   dei
seguenti 
 
                               Motivi 
 
    1 -  Preliminarmente  si  rappresenta  che  e'  pendente,  presso
codesta  ecc.ma   Corte   costituzionale,   l'impugnazione   proposta
nell'interesse della Presidenza del Consiglio  dei  ministri  avverso
l'art. 2 della citata  legge  della  Regione  Puglia  n.  59  del  17
dicembre  2018  («Norma  interpretativa  del  comma  1  dell'art.   4
della legge regionale n. 14/2009») per violazione  del  principio  di
ragionevolezza di cui agli articoli 3 e 97 della Costituzione  e  per
contrasto con il riparto di competenze di cui all'art. 117,  comma  3
della  Costituzione,  in  relazione   alla   materia   «governo   del
territorio» (ricorso n. 27 del 20 febbraio 2019 - Gazzetta  Ufficiale
n. 16 del 17 aprile 2019 - Corte costituzionale). 
    2 - La legge regionale 28 marzo 2019, n. 5 dispone,  all'art.  8,
l'abrogazione dell'art. 2 della legge regionale n.  59  del  2018  e,
contestualmente, a  mezzo  dell'art.  7,  l'inserimento,  all'interno
dell'art. 4 della legge regionale n. 14 del 2009, di un comma  5-ter,
non di carattere interpretativo, ma di contenuto identico a quello di
cui al suddetto art. 2 della legge regionale n. 59 del 2018. 
    Piu' nel dettaglio, l'art. 7  della  legge  regionale  all'esame,
rubricato «Modifica all'art. 4 della legge regionale 30 luglio  2009,
n. 14» e' cosi' formulato: 
        «1. All'art. 4 della legge regionale 30 luglio  2009,  n.  14
(Misure straordinarie e urgenti a sostegno dell'attivita' edilizia  e
per  il  miglioramento  della  qualita'   del   patrimonio   edilizio
residenziale), dopo il comma 5-bis e' aggiunto il seguente: 
        "5-ter. Gli interventi edilizi di ricostruzione previsti  dal
comma 1, da effettuare a seguito della  demolizione  di  uno  o  piu'
edifici a  destinazione  residenziale  o  non  residenziale,  possono
essere   realizzati    anche    con    una    diversa    sistemazione
piano-volumetrica, ovvero con diverse dislocazioni del volume massimo
consentito all'interno dell'area di pertinenza,  alle  condizioni  di
cui all'art. 5, comma 3, e qualora insistano  in  zona  dotate  delle
urbanizzazioni   primarie   previste   dalle   vigenti   disposizioni
normative, statali e regionali." 
    Il successivo art. 8 - Modifiche alla legge regionale 17 dicembre
2018, n. 59 - della legge n. 5/2019, del pari oggetto della  presente
impugnazione, stabilisce che: 
        "1. L'art. 2 della legge regionale 17 dicembre  2018,  n.  59
(Modifiche e integrazioni alla legge regionale 30 luglio 2009, n.  14
'Misure straordinarie e urgenti a sostegno dell'attivita' edilizia  e
per  il  miglioramento  della  qualita'   del   patrimonio   edilizio
residenziale') e' abrogato." 
    Ai fini di completezza, si riporta il contenuto anche dell'art. 2
("Norma interpretativa del comma 1 dell'art. 4 della legge  regionale
n. 14/2009") della  legge  regionale  n.  59  del  2018,  oggetto  di
abrogazione: 
        "1. Il comma 1 dell'art. 4 della legge regionale  n.  14/2009
deve essere interpretato  nel  senso  che  l'intervento  edilizio  di
ricostruzione da effettuare a seguito della demolizione di uno o piu'
edifici a destinazione residenziale o non residenziale,  puo'  essere
realizzato anche  con  una  diversa  sistemazione  plano-volumetrica,
ovvero  con  diverse  dislocazioni  del  volume  massimo   consentito
all'interno dell'area di pertinenza, alle condizioni di cui  all'art.
5, comma 3, della medesima  legge  regionale  n.  14/2009  e  qualora
insista in zona dotata delle urbanizzazioni primarie  previste  dalle
vigenti disposizioni normative, statali e regionali." 
    Con  l'art.  8  della  legge  all'esame,   dunque,   si   prevede
l'abrogazione dell'art. 2  della  legge  regionale  n.  59  del  2018
(disposizione che, come si e' sopra detto, e' gia' stata  oggetto  di
impugnazione, tuttora pendente, avanti codesta Corte  costituzionale:
ric. n. 27/2019)  e,  con  l'art.  7,  il  legislatore  regionale  ha
aggiunto, all' art. 4 della legge regionale n. 14 del 2009, il  comma
5-ter, avente, tuttavia, contenuto  identico  all'anzidetto  art.  2,
legge regionale n. 59 del 2018. 
    E' noto che, secondo la costante giurisprudenza di codesta  Corte
costituzionale,  "la  modifica  normativa  della  norma  oggetto   di
questione  di  legittimita'   costituzionale   in   via   principale,
intervenuta in pendenza di giudizio, determina  la  cessazione  della
materia del contendere quando ricorrono simultaneamente  le  seguenti
condizioni: occorre che il legislatore abbia abrogato o modificato le
norme censurate in senso satisfattivo delle pretese avanzate  con  il
ricorso e occorre che le norme impugnate, poi abrogate o  modificate,
non  abbiano  ricevuto  applicazione  medio  tempore"  (Corte   Cost.
sentenza n. 56/2019, id. n. 238/2018; nello stesso senso, ex  multis,
sentenze n. 185, n. 111 e n. 44 del 2018). 
    Entrambe tali condizioni non ricorrono nel caso di specie. 
    Innanzitutto, con riferimento all'art. 8, non potendo  escludersi
che l'art. 2 della legge regionale n. 59 del 2018 abbia trovato medio
tempore applicazione, restano impregiudicati motivi  di  impugnazione
gia' proposti avverso quest'ultima previsione regionale (ric.  n.  27
del 20 febbraio 2019). 
    Inoltre, come si evince dall'analisi del  censurato  art.  7,  il
legislatore regionale sembrerebbe avere inteso fare salvi gli effetti
di quella struttura normativa che  aveva  formato  oggetto,  appunto,
dell'anzidetta impugnativa  deliberata  dal  Consiglio  dei  ministri
(ric. n. 27 del 2019). 
    Ed infatti, la previsione di  cui  all'art.  7,  ponendosi  senza
soluzione   di   continuita'   rispetto   alla    precedente    norma
interpretativa,   ora   abrogata,    potrebbe    ragionevolmente    e
plausibilmente   ritenersi   applicabile    anche    ad    interventi
precedentemente realizzati. 
    La  questione,  nei  termini  sopra  prospettati,  e',  pertanto,
rimessa all'esame codesta ecc.ma Corte che  ha  gia'  avuto  modo  di
chiarire, nella sentenza n. 89  del  2019,  che  "...possono  trovare
ingresso, nel giudizio in via principale, questioni promosse  in  via
cautelativa ed ipotetica, sulla base di  interpretazioni  prospettate
soltanto  come  possibili,  purche'  non  implausibili   e   comunque
ragionevolmente desumibili dalle disposizioni impugnate" (ex  multis,
sentenza n. 103 del 2018, punto 4.1. del Considerato in diritto). Nel
giudizio in via principale possono dunque essere  dedotte  "anche  le
lesioni in ipotesi derivanti,  da  distorsioni  interpretative  delle
disposizioni impugnate" (sentenza n. 270 del  2017,  punto  4.2.  del
Considerato in diritto).». 
    Alla stregua delle considerazioni che precedono, con  riferimento
all'art. 7 della legge regionale all'esame, non possono che ritenersi
tuttora validi i motivi di impugnativa dedotti nel piu' volte  citato
ricorso n. 27 del 2019 avverso l'art. 2 legge regionale n. 59/2018. 
    Ed infatti, dalla mera lettura di detta disposizione regionale  e
dell'art. 7, oggetto della presente impugnazione, emerge  l'identita'
di formulazione, sicche' la seconda  previsione  non  sembra  potersi
ritenere satisfattiva, perche', nella sostanza, riproduce  la  stessa
norma che ha inteso abrogare, e, cioe', l'art. 2 legge  regionale  n.
59 del 2018, «legittimando, conseguentemente, il trasferimento  della
relativa impugnazione (Corte cost. n. 181 del 2013). 
    Il ripristino della normativa abrogata emerge, del  resto,  dalla
circostanza che viene introdotta una disciplina della materia  «senza
modificare ne' i principi  ispiratori  della  complessiva  disciplina
normativa preesistente, ne'  i  contenuti  normativi  essenziali  dei
singoli precetti» (Coste Cost. sentenza n. 1999 del 2012). 
    Seppure, infatti, non si assista piu', formalmente, ad una  norma
di interpretazione autentica, la circostanza per cui vengono  dettate
prescrizioni del tutto  innovative,  prevedendo  che  gli  interventi
edilizi consentiti dalla legge  regionale  del  2009  possano  essere
realizzati «anche con una diversa sistemazione plano  -  volumetrica,
ovvero  con  diverse  dislocazioni  del  volume  massimo   consentito
all'interno dell'area di pertinenza» ripropone gli  stessi  dubbi  di
legittimita' costituzionale  gia'  evidenziati  nei  confronti  della
norma contenuta nella legge regionale Puglia n. 59/2018. 
    E' noto, peraltro, che codesta ecc.ma Corte costituzionale si  e'
ripetutamente espressa  nel  senso  della  sostanziale  indifferenza,
quanto  allo  scrutinio   di   legittimita'   costituzionale,   della
distinzione tra norme di  interpretazione  autentica  -  retroattive,
salva una diversa volonta' in tal senso esplicitata  dal  legislatore
stesso - e norme innovative con efficacia retroattiva. 
    Cio' che assume rilievo, piuttosto, e' la compatibilita' di  tali
disposizioni con il divieto di retroattivita' che,  «pur  costituendo
valore   fondamentale   di    civilta'    giuridica,    non    riceve
nell'ordinamento  la  tutela  privilegiata  riservata  dall'art.   25
Costituzione  esclusivamente  alla  materia  penale»  (ex   plurimis,
sentenza 156 del 2014; sentenza 73 del 2017). 
    Al legislatore non  e'  preclusa,  infatti,  la  possibilita'  di
emanare norme  retroattive  sia  innovative  che  di  interpretazione
autentica, ma la retroattivita' deve trovare adeguata giustificazione
sul piano della ragionevolezza attraverso un  puntuale  bilanciamento
tra le ragioni che ne  hanno  motivato  la  previsione  e  i  valori,
costituzionalmente  tutelati,   al   contempo   potenzialmente   lesi
dall'efficacia a ritroso della norma adottata (ex multis, sentenza n.
170 del 2013). 
    Sono  stati,  pertanto,  individuati   alcuni   limiti   generali
all'efficacia retroattiva delle leggi, attinenti alla salvaguardia di
principi costituzionali tra i quali sono ricompresi: «il rispetto del
principio generale di ragionevolezza, che si riflette nel divieto  di
introdurre  ingiustificate  disparita'  di  trattamento;  la   tutela
dell'affidamento legittimamente sorto nei  soggetti  quale  principio
connaturato  allo  Stato  di  diritto;  la  coerenza  e  la  certezza
dell'ordinamento    giuridico;    il    rispetto    delle    funzioni
costituzionalmente riservate al potere giudiziario» (sentenza n.  170
del 2013, nonche' sentenze n. 78 del 2012 e n. 209 del 2010). 
    Sulla base di tali principi, si osserva che la legge regionale n.
14/2009 ha dettato norme di carattere  straordinario,  con  le  quali
sono  stati  consentiti  interventi  edilizi  anche  in  deroga  agli
strumenti urbanistici vigenti. 
    Nello specifico, l'art. 4,  comma  1  della  legge  regionale  n.
14/2009, nel testo vigente anteriormente  alle  modifiche  da  ultimo
introdotte con la legge della Regione Puglia  n.  59/2018,  risultava
cosi formulato: 
        «1 .  Al  fine  di  migliorare  la  qualita'  del  patrimonio
edilizio  esistente,  sono  ammessi  interventi  di   demolizione   e
ricostruzione di edifici residenziali e non residenziali o misti  con
realizzazione di un aumento di volumetria sino al  35  per  cento  di
quella legittimamente esistente alla data di entrata in vigore  della
presente legge da destinare, per la complessiva volumetria  risultate
a seguito dell'intervento, al medesimo uso preesistente  legittimo  o
legittimato, ovvero residenziale,  ovvero  ad  altri  usi  consentiti
dallo strumento urbanistico. A seguito degli interventi previsti  dal
presente  articolo,  gli  edifici  residenziali  non  possono  essere
destinati a uso residenziale qualora ricadano all'interno delle  zone
territoriali omogenee E) di cui all'art. 2 del decreto del  Ministero
dei lavori pubblici n. 1444/1968». 
    Pertanto, una disposizione  di  carattere  innovativo  circa  gli
interventi assentiti, di sicura portata retroattiva, qual  e'  quella
contenuta all'art. 7, appare di dubbia legittimita' costituzionale. 
    Difatti, il legislatore  regionale  ha  sostanzialmente  ampliato
(retroattivamente)  la  portata  del  dato  normativo,   legittimando
deroghe volumetriche ad interventi di  ristrutturazione  su  edifici,
oltre i limiti consentiti dell'originaria  disciplina  regionale  del
2009 (e successive modificazioni). 
    Come si e' gia' evidenziato, se e' vero in linea generale che  il
legislatore  ha  la  possibilita'  di  emanare  norme  innovative   a
carattere  retroattivo,  la  retroattivita'  deve  comunque   trovare
giustificazione nell'esigenza di tutela di alcuni principi di rilievo
costituzionale,  tra  i  quali  «il   rispetto   del   principio   di
ragionevolezza». 
    In sostanza, la deroga al principio della irretroattivita'  delle
norme trova fondamento nel principio di  ragionevolezza,  e,  secondo
codesta   ecc.ma   Corte   costituzionale:   «La   erroneita'   della
auto-qualificazione  delle  norme   impugnate   come   interpretative
costituisce...un primo indice...,  della  irragionevolezza  del  loro
retroagire nel tempo, ulteriormente corroborato  dalla  constatazione
che le stesse introducono innovazioni, destinate,  per  lo  piu',  ad
ampliare  facolta'  in  deroga  ai  relativi  strumenti  urbanistici,
peraltro non necessariamente in termini di logica continuita' con  il
quadro generale di riferimento sul quale le stesse sono destinate  ad
incidere» (cosi', sentenza n. 73/2017). 
    Rilevato, quindi, che la previsione di cui all'art. 7 della legge
regionale n. 5 del 2019 ha  un  indubbio  carattere  innovativo,  con
efficacia retroattiva, essa legittima condotte che,  non  considerate
tali al momento della loro realizzazione (perche' non  conformi  agli
strumenti urbanistici  di  riferimento),  lo  divengono  per  effetto
dell'intervento successivo del legislatore regionale, con l'ulteriore
conseguenza di consentire la regolarizzazione ex post di  opere  che,
al momento della loro  realizzazione,  erano  in  contrasto  con  gli
strumenti urbanistici di riferimento, dando corpo, in definitiva,  ad
una surrettizia ipotesi di sanatoria straordinaria  che  esula  dalle
competenze regionali ed e', quindi, illegittima. 
    E' poi il caso di rilevare che la  finalita'  della  disposizione
(proroga del c.d. Piano Casa Puglia anche per il 2019 per incentivare
l'attivita' edilizia e migliorare la qualita' del patrimonio edilizio
residenziale)  e'  comunque  recessiva  rispetto  alla  certezza  del
diritto.  E  cio'  in   quanto   essa,   per   quanto   a   carattere
prevalentemente  di  favore  rispetto  agli  interessi  dei   singoli
destinatari (la norma,  come  si  e'  detto,  legittima  l'intervento
edilizio a seguito della demolizione «anche con diversa  sistemazione
planovolumetrica, ovvero con diverse dislocazioni del volume  massimo
consentito all'interno dell'area  di  pertinenza»),  retroagendo  nel
tempo,   sacrifica   le   posizioni    soggettive    di    potenziali
controinteressati   che   facevano   affidamento   sulla   stabilita'
dell'assetto normativo vigente all'epoca delle rispettive condotte. 
    La norma in questione, pertanto, travalica i  limiti  individuati
dalla richiamata giurisprudenza della Corte costituzionale,  violando
l'art. 3 della Costituzione. 
    Sulla tenuta costituzionale di disposizioni legislative regionali
in materia edilizia di contenuto simile a quella oggetto dell'odierna
impugnazione, si rileva che codesta ecc.ma Corte, con la sentenza  n.
209/2010 nel  dichiarare  l'incostituzionalita'  di  una  legge -  di
interpretazione autentica - provinciale urbanistica  della  Provincia
di  Bolzano,  ha  chiarito  che,  «l'irragionevolezza  risiede  nella
circostanza  che  il   legislatore   e'   intervenuto   per   rendere
retroattivamente legittimo cio' che era illegittimo, senza che  fosse
necessario risolvere oscillazioni giurisprudenziali e  senza  che  il
testo delle norme "interpretate" offrisse  alcun  appiglio  semantico
nel senso delle rilevanti modifiche introdotte. In tal modo non  solo
si e'  leso  l'affidamento  dei  consociati  nella  stabilita'  della
disciplina  giuridica  della   fattispecie,   che   viene   sconvolta
dall'ingresso  inopinato  e  immotivato  di  norme  retroattive   che
alternano  rapporti  pregressi,  ma  si  rende  inutile  e  privo  di
effettivita' il diritto de cittadini di adire i giudici per  ottenere
la tutela delle proprie situazioni giuridiche soggettive». 
    Il medesimo percorso argomentativo e' stato ribadito, poi,  nella
successiva sentenza n. 73 del 2017 (gia'  sopra  citata)  di  codesta
ecc.ma Corte, chiamata in quell'occasione a pronunciarsi sulla tenuta
costituzionale dell'art. 44 della legge della  Regione  Basilicata  4
marzo 2016, n. 5 (recante interpretazione autentica dell'art. 3 legge
regionale 7 agosto 2009, n. 25 «Misure urgenti e straordinarie  volte
al rilancio dell'economia  e  alla  riqualificazione  del  patrimonio
edilizio esistente»), ai sensi del quale: «L'art. 3,  comma  1  della
legge regionale 7 agosto 2009, n. 25,  come  modificato  dall'art.  4
della legge regionale 3 dicembre 2012, n.  25,  nella  parte  in  cui
prevede che «A tal fine sono consentiti  interventi  straordinari  di
demolizione e  ricostruzione  di  edifici  esistenti,  autorizzati  o
condonati, con aumento della superficie complessiva entro  il  limite
max del 30%», va interpretato con  continuita'  temporale  nel  senso
che, «tra gli edifici esistenti sono  ricompresi  anche  gli  edifici
residenziali in fase di realizzazione in forza di titolo  abilitativo
in corso di validita'». 
    3.   A   cio'   si   aggiunga,   quale   ulteriore   profilo   di
incostituzionalita' dell'art. 7, legge regionale n. 5 del 2019,  che,
a motivo delle rilevanti  modifiche  via  via  apportate  alla  legge
regionale n. 14 del 2009 (le modifiche all'art. 4 di detta legge sono
state introdotte anche a mezzo dell'art. 3 della legge  regionale  n.
59 del 2018 e, ancora, da ultimo,  mediante  l'art.  35  della  legge
regionale n. 67 del 2018), le amministrazioni comunali potrebbero  in
realta'  non  trovarsi  nelle  condizioni  di  poter   effettivamente
verificare caso per caso e distinguere cio' che e'  stato  realizzato
(o  proseguito,  o  completato)  nei  periodi  intercorrenti  tra  le
modifiche medesime. 
    Cio', in contrasto  con  i  principi  di  ragionevolezza  e  buon
andamento, di cui agli articoli 3 e 97 della Costituzione. 
    In  proposito  appare  opportuno  rammentare  che  nella   citata
sentenza n. 73 del 2017,  codesta  ecc.ma  Corte  ha  avuto  modo  di
affermare  che  «Anche  a  voler  ritenere  che,  nella  specie,   le
disposizioni  impugnate  possano  trovare  una  loro  giustificazione
nell'esigenza della regione di assicurare  una  maggiore  omogeneita'
alle norme in oggetto per fare fronte al sovrapporsi delle  modifiche
intervenute nel tempo, siffatta finalita'  deve  ritenersi  recessiva
rispetto al valore della certezza del  diritto,  nel  caso  messo  in
discussione in una materia, quella urbanistica, rispetto  alla  quale
assume una peculiare rilevanza  l'affidamento  che  la  collettivita'
ripone nella sicurezza giuridica (sentenza  n.  209  del  2010).  Del
resto, pur guardando alla potenziale incidenza delle norme  impugnate
sui rapporti interprivati, va osservato che  le  stesse,  per  quanto
prevalentemente  di  favore  rispetto  agli  interessi  dei   singoli
destinatari,  retroagendo  nel  tempo  sacrificano,   in   linea   di
principio, le posizioni soggettive dei  potenziali  controinteressati
che facevano  affidamento  sulla  stabilita'  dell'assetto  normativo
vigente all'epoca delle singole condotte.». 
    4. Gli articoli 7 e 8 della legge della Regione Puglia n. 19/2019
risultano,  inoltre,  adottati  in  violazione  della  disciplina  di
«governo  del  territorio»  di  cui  all'art.  117,  comma  3   della
Costituzione. 
    4.1. Preliminarmente si osserva che, in ragione  dell'intervenuta
emanazione  del  decreto-legge  18  aprile  2019,  n.  32,  ancorche'
successivo alla pubblicazione della legge regionale  in  oggetto,  la
disposizione dl cui all'art. 7 della legge regionale n. 5 del 2019 si
pone in  evidente  contrasto  (sopravvenuto)  con  la  disciplina  di
principio nella materia «governo del  territorio»,  di  cui  all'art.
117,   terzo   comma,    Costituzione,    contenuta    nell'anzidetto
decreto-legge n. 32 del 2019, art. 5, comma 1, lettera b). 
    Con questa disposizione, infatti,  e'  stato  aggiunto,  all'art.
2-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, il
comma 1-ter, il quale stabilisce che: «In ogni caso di intervento  di
demolizione e ricostruzione, quest'ultima e' comunque consentita  nel
rispetto  delle  distanze  legittimamente  preesistenti  purche'  sia
effettuata assicurando la  coincidenza  dell'area  di  sedime  e  del
volume dell'edificio ricostruito  con  quello  demolito,  nei  limiti
dell'altezza massimo di quest'ultimo». 
    4.2.  Sussiste,  inoltre,  il   contrasto   -   quali   parametri
interposti - con gli articoli 36 e  37  del  decreto  del  Presidente
della Repubblica n. 380 del 2001. In particolare, l'art. 37 al  comma
4 richiede, ai fini del rilascio del titolo abilitativo in sanatoria,
la c.d. «doppia conformita'», intesa come conformita' dell'intervento
sia  al  momento  della   realizzazione,   sia   al   momento   della
presentazione della domanda. 
    Ne consegue l'illegittimita' dell'art. 7  della  legge  regionale
impugnata, perche', in base a tale previsione, la portata derogatoria
della legge regionale n. 14 del 2009 e successive modifiche,  diviene
ora  applicabile  anche   ad   interventi   che,   invece,   eseguiti
medio-tempore, avrebbero dovuto essere realizzati in conformita' agli
strumenti urbanistici. 
    In altre parole, la  portata  sostanzialmente  retroattiva  della
disposizione normativa  oggetto  di  censura  finirebbe  per  rendere
legittimi ex post interventi che al momento della loro  realizzazione
non erano conformi agli strumenti urbanistici all'epoca vigenti. 
    Com'e' noto,  invero,  l'atto  di  sanatoria  di  titoli  edilizi
abilitativi puo' essere assentito solo per vizi formali.  La  «doppia
conformita'» e' riconosciuta in via giurisprudenziale quale principio
fondamentale vincolante per la  legislazione  regionale  (cfr.  Corte
costituzionale n. 101/2013; Cons.  Stato,  IV,  n.  32/2013,  ove  si
precisa, tra l'altro che la disciplina  urbanistica  non  ha  effetto
retroattivo; Cons. Stato, V, n. 3220/2013;  Tribunale  amministrativo
regionale Umbria n. 590/2014), ed e' prevista sia per gli  interventi
realizzati in assenza di permesso di costruire, o in  difformita'  da
esso, ovvero in assenza di DIA alternativa o in difformita'  da  essa
(art. 36 del decreto del Presidente della  Repubblica  n.  380/2001),
sia per quelli eseguiti in assenza della o in difformita' dalla  SCIA
(art. 37, comma 4 del decreto  del  Presidente  della  Repubblica  n.
380/2001). 
    La disposizione di cui all'art. 7 della legge regionale n. 5  del
2019,  non   rispetta   la   citata   normativa   statale,   laddove,
nell'introdurre il comma 5-ter all'art. 4 della  legge  regionale  n.
14/2009, subordina l'intervento  edilizio  «alle  condizioni  di  cui
all'art. 5, comma 3, della medesima legge regionale n. 14/2009». 
    L'art. 5 della legge della  Regione  Puglia  n.  14/2009,  a  sua
volta, prevede che «tutti gli interventi previsti dagli articoli 3  e
4  sono  realizzabili  mediante  permesso  di  costruire  o  mediante
segnalazione  certificata  di  inizio  attivita'  in  alternativa  al
permesso di costruire» (il  riferimento  e'  quindi  al  procedimento
amministrativo  di  cui  agli  articoli  36  e  37  del decreto   del
Presidente della Repubblica n. 380/2001). 
    In generale, alla luce delle nuove disposizioni  della  legge  in
esame, la tipologia di interventi prevista dall'art.  7  della  legge
regionale n. 5/2019 viene  legittimata  mediante  l'estensione  della
portata  derogatoria  delle  previsioni  della  legge  regionale   n.
14/2009, con la possibilita' di  legittimo  rilascio  dei  prescritti
titoli abilitativi, nonostante la  disciplina  statale  di  cui  agli
articoli 36 e 37 decreto del Presidente della Repubblica n.  380  del
2001. 
    La disposizione censurata,  anche  ove  dovesse  essere  ritenuta
legittimamente retroattiva,  contrasterebbe  comunque  anche  con  il
disposto dell'art. 5 («Costruzioni  private»)  del  decreto-legge  n.
70/2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n.  106/2011  (il
quale ai commi da 9 a 14 reca  la  disciplina  di  principio  per  la
razionalizzazione  del  patrimonio  edilizio  esistente  e   per   la
promozione e  agevolazione  della  riqualificazione  di  aree  urbane
degradate con presenza  di  funzioni  eterogenee  e  tessuti  edilizi
disorganici o  incompiuti  nonche'  di  edifici  a  destinazione  non
residenziale  dismessi  o   in   via   di   dismissione   ovvero   da
rilocalizzare), che al comma 10 esclude che gli interventi edilizi in
deroga possano «riferirsi  ad  edifici  abusivi  o  siti  nei  centri
storici o in aree ad inedificabilita' assoluta, con esclusione  degli
edifici per i  quali  sia  stato  rilasciato  il  titolo  abilitativo
edilizio in sanatoria.». 
    In conclusione, l'art. 7 della legge  Regione  Puglia  n.  5  del
2019, oltre a violare l'art. 3 della Costituzione, travalica anche  i
limiti  della  potesta'  legislativa  regionale,  invadendo  l'ambito
assegnato dalla Costituzione alla legge dello  Stato  in  materia  di
«governo  del  territorio»,  di  cui  all'art.  117,   terzo   comma,
Costituzione. 
    Tanto premesso, la Presidenza del Consiglio dei ministri, come in
epigrafe rappresentata, difesa e domiciliata,  chiede  l'accoglimento
delle seguenti conclusioni.